
di Gianni Lannes
Non solo la fornitura clandestina di armi in violazione della legge 185 del 1990, ma pure la rapina degli idrocarburi palestinesi nel Mediterraneo. Così si spiega il senso del blocco navale fuorilegge degli israeliani in acque internazionali. Ecco, ad ogni buon conto qualche prova della complicità governativa dell’esecutivo targato Meloni, Salvini&Tajani nel genocidio dei Palestinesi.
Non a caso, il 29 ottobre 2023 a tre settimane dall’inizio della guerra infinita di Israele a Gaza (ormai rasa al suolo, dopo l’uccisione di 70 mila civili, tra cui 25 mila bambini inermi) – a seguito pretestuoso dell’eccidio di Hamas (finanziata e protetta da Netanyahu) del 7 ottobre 2023 – il Ministero dell’energia israeliano ha concesso varie licenze per l’esplorazione di giacimenti di gas nelle acque antistanti la Striscia di Gaza. Tra i beneficiari c’è anche Eni SpA. In qualità di azionista di controllo pubblico, il Ministero dell’economia e delle finanze ha la gestione di fatto in Eni SpA in forza della partecipazione detenuta sia direttamente sia attraverso Cassa Depositi e Prestiti SpA (CDP SpA) con una quota pari al 30,624 per cento sul totale delle azioni ordinarie.

Non è che Giorgia e Bibi si sono abbraccati casualmente. Il 22 settembre 2025, il vice ministro degli affari esteri, tale Edmondo Cirielli ha ufficialmente ammesso tutto. In un Belpaese di analfabeti funzionali chi legge i resoconti parlamentari?

La firma della convenzione, con cui Eni ha ottenuto la licenza a operare all’interno della zona marittima G, per il 62 per cento palestinese, rappresenta un operato predatorio nello sfruttamento di risorse naturali in termini di approvvigionamento energetico, non curante delle norme del diritto internazionale. Nei primi giorni di febbraio 2024 ha fatto seguito al provvedimento una diffida recapitata a tre società (tra cui Eni) da parte dello studio legale statunitense Foley Hoag per conto di organizzazioni umanitarie palestinesi dove si chiede di «desistere dall’intraprendere qualsiasi attività nelle aree della “Zona G” che ricadono nelle aree marittime dello Stato di Palestina», sottolineando che tali attività costituirebbero una violazione del diritto internazionale.
I giacimenti, infatti, si trovano in acque profonde all’interno dei confini marittimi dichiarati dallo Stato palestinese nel 2019 in conformità con le disposizioni della Convenzione Onu sul diritto del mare (Unclos) del 1982 firmata dalla Palestina nel 2015. Più precisamente, lo studio legale Foley Hoag sostiene che il 62 per cento della cosiddetta «Zona G» sia di competenza palestinese. Da qui la richiesta a Eni di fermare qualunque attività nell’area per evitare la possibile complicità in violazione di normative internazionali.
Ai sensi del diritto internazionale, a Israele è vietato sfruttare le risorse finite non rinnovabili del territorio occupato, a scopo di lucro commerciale e a beneficio della potenza occupante, secondo le regole di usufrutto, di cui all’articolo 55 del regolamento dell’Aia. Israele, come autorità amministrativa di fatto nel territorio occupato, non può esaurire le risorse naturali per scopi commerciali che non sono a beneficio della popolazione occupata.
Riferimenti:
Gianni Lannes, Israele olocausto finale?, Pellegrini editore, Cosenza, 10 febbraio 2024.
https://www.pellegrinieditore.it/israele-olocausto-finale
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