di Gianni Lannes
100 mila ordigni imbottiti di iprite e arsenico nell’estate dell’anno 1944 sono stati affondati dal Sonderkommando Meyer a meno di tre miglia nautiche in sei aree marine prospicienti la costa italiana: 4 dinanzi a Pesaro, 1 a Fano, 1 a Gabicce e 1 a Cattolica. Queste armi chimiche proibite dalla Convenzione di Ginevra del 1925 e messe al bando dal Trattato di Parigi del 1993 giacciono ad appena 12 metri di profondità. Lo attestano, peraltro, i recenti riscontri subacquei (anno 2025) e la ricerca d’archivio in Italia (inclusi gli armadi sepolti della Regia Marina Militare nostrana), Germania, Inghilterra e Stati Uniti d’America, nonché la preziosa testimonianza di numerosi pescatori locali.
Sul tavolo delle prove raccolte c’è inoltre la conferma del governo italiano a firma del sottosegretario alla Marina Mercatile Tambroni, in risposta il 20 novembre 1951 alla documentata interrogazione parlamentare dell’onorevole Enzo Capalozza di Fano; ed ancora la dichiarazione dell’ammiraglio Paolo la Rosa in veste di ministro della Difesa, già capo di Stato maggiore della Marina Militare italiana, a conferma precisa di questa pericolosa e inquinante presenza nociva per la vita. Infine, in ambito internazionale, aleggiano due rapporti: uno dell’Unep (agenzia ambientale dell’Onu) e l’altro della Commissione europea al ramo.
Sovente si sono spiaggiate a prendere la tintarella sulla battigia e da 81 anni diffondono i loro veleni di guerra indisturbatamente, danneggiando l’ecosistema marino, unitamente alle migliaia ordigni speciali inabissati dagli alleati durante la guerra in Jugoslavia. Non a caso, proprio dinanzi alla costa marchigiana esistono alcune ampie zone di scarico bellico, come certifica l’aggiornatissimo Portolano della Marina Militare tricolore. L’Icram ha accertato attraverso uno studio campione, che le predette sostanze cancerogene innescano processi di mutagenesi nella fauna ittica.
Sul fronte delle notizie ignote allì’opinione pubblica, si registra nel 2017 la mancata approvazione della mozione numero 175 in regione Marche, che prevedeva la bonifica dei fondali. In compenso, qualche tempo prima, nel 2004, è stata conferita all’allora cancelliere tedesco Schroder, la cittadinanza onoraria (che alla luce di fatti incontrovertibili andrebbe annullata d’ufficio).
A Roma ho informato l’ambasciatore germanico Lucas e ad Ancona il governatore uscente Acquaroli, ma non ho ricevuto alcuna risposta. Nel 2015 il sindaco di Pesaro Matteo Ricci (attuale europarlamentare) si è rivolto invano al silente ministro della Difesa. In ogni caso, chi inquina paga. Occorre chiamare in causa le autorità italo-tedeche, ovvero herr Mertz e la Meloni. Prima che sia troppo tardi: le spese militari, invece di alimentare la guerra, possono essere utilizzate per risanare il mare Adriatico da simili insidie che annientano la vita. L’operazione è tecnicamente fattibile, infatti è stata già realizzata con successo a Molfetta. A proposito: c’è un giudice almeno a Berlino?
Riferimenti:
Gianni Lannes, Bombe a…mare, Nexus edizioni, Battaglia terme, 2018.
https://shop.nexusedizioni.it/blogs/casa-editrice/bombe-a-mare-immersione-in-un-inferno-nascosto
https://www.comune.pesaro.pu.it/il-comune/consiglio-comunale/civiche-benemerenze/gerhard-schroder/
Gianni Lannes 
Scrivi una risposta a 100 MILE BOMBE SPECIALI IN MARE: ACQUAROLI E SALTAMARTINI “LATITANTI”! – Gianni Lannes Cancella risposta