

PAPA BERGOGLIO: NON ERA UN SANTO!
di Gianni Lannes
Dove arriva la distorsione della realtà e la falsificazione della verità? Da giorni tutte le televisioni a reti unificate e i giornaloni gonfiati hanno già santificato Papa Bergoglio. Tutti hanno omesso il suo passato (su cui mi ero espresso nel 2014) legato alla collusione con la dittatura argentina (ben oltre i suoi compiti d’istituto) e sulla sua giovanile militanza in un gruppo filo-nazista. Tutti hanno sottolineato il nome “Francesco”, sostenendo che possa significare un pontificato più vicino ai poveri. Ricordiamo che i preti argentini (così come quelli cileni con Pinochet) assolvevano i torturatori “preventivamente”, benedicedoli per il loro lavoro contro i “sovversivi”, nemici della Chiesa.
Nel 2016 avevo indirizzato al Pontefice una lettera aperta, in relazione al traffico di organi umani nel vecchio continente, soprattutto in Italia, poiché il Vaticano non ha mai firmato e ratificato la Convenzione del Consiglio d’Europa. Non ho mai ricevuto risposta.
A proposito di Orlando Jorio e Francisco Jalics: “Quando ho detto di aver incontrato due volte Videla e due Massera fu per il loro sequestro” : parola di Jorge Mario Bergoglio.

Bergoglio è stato eletto intorno alle 19 al quinto scrutinio, il 13 marzo 2013. Nato il 17 dicembre del 1936, di origini piemontesi, è il primo papa gesuita. In Argentina Bergoglio è sempre stato ritenuto un conservatore. Presentato e dipinto incredibilmente come cardinale dei poveri ma, come i suoi predecessori Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, contestò e contrastò attivamente l’apertura dei gesuiti alla Teologia della Liberazione, negli anni ’70. Ma non è questa la peggiore delle accuse che gli vengono mosse: qualcuno gli contesta la connivenza con il regime dittatoriale dei generali. A proposito: perché non è mai tornato in Argentina per una visita pastorale?


Dunque, Papa Giovanni Paolo II lo elevò al titolo di cardinale nel 2001. Se Jorge Mario Bergoglio avesse preso una posizione di aperta denuncia simile a quella del cardinale Raul Silva Henriquez, poteva salvare tante vite. Invece.
Quale difesa della vita in Sudamerica mentre il governo degli Stati Uniti d’America sovvertiva un Paese democratico dopo l’altro? Il peggior crimine contro l’umanità è l’indifferenza. Il silenzio ostinato, è diventato omissione di soccorso, anzi, collusione con il potere repressivo.
Dopo il colpo di stato in Cile dell’11 settembre 1973 sostenuto dal governo USA (alla voce Henry Kissinger), come attestano inequivocabilmente i documenti segreti di Washington, il cardinale di Santiago del Cile, Raul Silva Henriquez condannò apertamente la giunta militare comandata dal generale Augusto Pinochet. In tal modo, quel prelato riuscì a tenere a freno gli omicidi politici, e le violazioni dei diritti umani diretti contro i sostenitori di Salvador Allende e gli oppositori del regime militare.
In Argentina, invece, la gerarchia cattolica di ogni ordine e grado non ha mai fatto opposizione, non ha mai salvato anima viva, non ha mai fiatato. Dai cardinali, ai vescovi, ai preti: tutti zitti e muti; anzi ossequiosi e taluni anche in affari, mentre migliaia di persone – soprattutto giovani – venivano massacrate o gettate nell’oceano, dopo essere state torturate. E così, di fatto, innegabilmente Jorge Mario Bergoglio, all’epoca – dal 1973 al 1979 – a capo dei gesuiti, non ha mai profferito pubblicamente una parola di condanna contro i dittatori Videla e Massera, responsabili dell’eliminazione di oltre 30 mila persone.
Tuttavia, alcuni si sono opposti alla tirannia a prezzo della vita. Come nel caso del giornalista Rodolfo Walsh, uomo ed intellettuale troppo scomodo per la dittatura militare argentina. Dal 25 marzo 1977 il suo nome fa parte della lunga lista dei desaparecidos (scomparsi), quegli esseri umani sequestrati, seviziati e uccisi per ordine della dittatura locale.

Quanta strada, che carriera illuminata. Sempre a proposito di Bergoglio: una denuncia puntuale è contenuta nel libro L’isola del Silenzio del giornalista argentino Horacio Verbitsky. In quel volume si dedica ampio spazio a questo pontefice, sotto accusa non solo per il suo marcato ed ostentato silenzio, ma anche per la stessa collusione con la dittatura. Nel febbraio del 1976 – secondo quanto si legge nel volume – alla vigilia del colpo di Stato di Videla (24 marzo 1976), avrebbe chiesto l’allontanamento di alcuni gesuiti, considerati “rivoluzionari”, prima impegnati nelle baraccopoli di Buenos Aires. Si trattava di Luis Dourrón, Enrique Rastellini e Francisco Jalics: secondo il giornalista, questi si sarebbero però rifiutati, tanto che Bergoglio sarebbe arrivato fino ad espellerli dalla Compagnia di Gesù, oltre a far pressioni sull’arcivescovo della diocesi di Buenos Aires per togliere loro l’autorizzazione a praticare la stessa messa. Per il giornalista investigativo sarebbe stato un segnale al regime, una sorta di via libera: dato che pochi giorni dopo il golpe militare due sacerdoti furono rapiti. E mandati all’Esma, il drammatico centro di detenzione e tortura illegale, prima di essere liberati. Nel libro si spiega come sarebbe stato lo stesso Bergoglio a segnalarli al regime come “sovversivi”. Più recentemente Verbitsky ha pubblicato un memo del ministero degli esteri risalente al 1979 che cita esplicitamente Bergoglio come fornitore delle informazioni che hanno portato alle prime accuse nei confronti dei gesuiti Jalics e Yorio. In più Verbitsky ha pubblicato un memo del ministero degli esteri del 1979 che cita esplicitamente Bergoglio come fornitore delle informazioni che hanno portato alle prime accuse nei confronti di Jalics e Yorio, due sacerdoti sottoposti alla sua autorità di superiore dei gesuiti che il memo dice accusati da Bergoglio di essere associati ai guerriglieri. Bergoglio ha sempre negato il fatto e anzi raccontato una fantasiosa versione nella quale lui è l’eroe che ha salvato la loro vita. Ma sia Jalics che Yorio negli anni ribadiranno a più riprese la versione confermata da quel documento. Oggi il primo ha consumato la “riconciliazione” con Bergoglio, un sacramento nel quale si “perdona il prossimo di cuore per le offese subite” e non parla più della sua testimonianza, che ha già affidato in passato ad altri. Yorio è morto nel 2000, ma è evidente che se Bergoglio fosse stato quell’eroe che si è raccontato, non sarebbe stata necessaria alcuna riconciliazione don Jalics e lo stesso non avrebbe messo nero su bianco l’accusa di averli consegnati con false accuse alla dittatura.
Il ruolo di Bergoglio rimane pieno di punti nebulosi anche in un episodio successivo alla caduta del regime. Per i suoi sostenitori – di recente anche il settimanale L’Espresso – sarebbe stato incredibilmente responsabile nel 1983, con il ritorno della democrazia, dei tentativi di liberazione dei due sacerdoti Orlando Yorio – il libro si basa anche sulle sue testimonianze – e Francisco Jalics, che erano stati sequestrati dai militari. Ma secondo altre fonti, che lo accusano, sarebbe stato lui stesso il responsabile del sequestro, per averli denunciati alle autorità. Si ricorda anche una testimonianza di quel procedimento, da parte di Maria Elena Funes – anch’essa rapita durante gli anni del regime – che ha dichiarato come Yorio e Jalics vennero sequestrati dopo che Bergoglio «olse loro la propria protezione». Anche in questo caso il papa sudamericano smentisce questa ricostruzione: anzi, avrebbe rivendicato il ruolo avuto nel tentativo di liberarli. Yorio e Jalics vennero dopo qualche tempo rilasciati: per Bergoglio proprio perché «la Chiesa argentina si era mossa come dei pazzi per ottenere il loro rilascio». Incredibile come si possa ribaltare la realtà. Fu allora che avrebbe anche incontrato Jorge Rafael Videla, oltre all’ammiraglio Emilio Massera, tra gli aguzzini più feroci della giunta militare. Le accuse lo avevano già messo in difficoltà durante il conclave del 2005, quello che portò all’elezione di Benedetto XVI, come ricorda un’agenzia dell’epoca dell’Adnkronos:
«Il quotidiano messicano ”La Cronica de Hoy” riferisce che contro Bergoglio è stata presentata una denuncia per presunta complicita’ nel sequestro di due missionari gesuiti il 23 maggio del 1976, durante la dittatura. La denuncia e’ stata presentata dall’avvocato e portavoce delle organizzazioni di difesa dei diritti umani in Argentina, Marcelo Parilli, che ha chiesto al giudice Norberto Oyarbide di indagare sul ruolo di Bergoglio nella sparizione dei due religiosi a opera della marina militare».
Allora, chi è Jorge Mario Bergoglio? Nel 1973 era stato nominato “Provinciale” della Compagnia di Gesù per l’Argentina. Nella sua posizione, Bergoglio era il gesuita più alto in grado in Argentina durante la dittatura militare (1976-1983). Più tardi divenne vescovo ed arcivescovo di Buenos Aires. Il Papa Giovanni Paolo II lo elevò al titolo di cardinale nel 2001. Se Jorge Mario Bergoglio avesse preso una posizione di aperta denuncia simile a quella del cardinale Raul Silva Henriquez, avrebbero potuto essere salvare migliaia di vite.
Le accuse contro Bergoglio riguardo i due preti gesuiti rapiti non sono che la cima dell’iceberg. Secondo la legale Myriam Bregman:
“Le dichiarazioni di Bergoglio hanno dimostrato che i funzionari ecclesiastici sapevano dall’inizio che la giunta torturava ed uccideva i suoi cittadini e tuttavia appoggiavano i dittatori La dittatura non potrebbe avere operato in questo modo senza questo importante appoggio” (Los Angeles Times,1° aprile 2005).
A livello locale la gerarchia cattolica è stata tacitamente complice delle torture e delle uccisioni di massa. Basta esaminare i documenti desecretati nel National Security Archive per rendersi conto della barbarie tollerata dalla Chiesa cattolica. Infatti, sono stati stimati dalle autorità nordamericane «22.000 morti e scomparsi dal 1976 al 1978. E migliaia di vittime addizionali sono state uccise tra il 1978 ed il 1983, quando i militari sono stati costretti a lasciare il potere. In totale, più di 30 mila esseri umani ammazzati con il beneplacito ecclesiastico.
Yorio è morto nel 2000, ma è evidente che se Bergoglio fosse stato quell’eroe che si è dipinto, non sarebbe stata necessaria alcuna riconciliazione con Jalics e lo stesso non avrebbe messo nero su bianco l’accusa di averli consegnati con false accuse alla dittatura.
Lo stesso generale Videla ha confessato in seguito che i “desaparecidos” erano la forma politicamente accettabile di perseguire il massacro senza perdere il sostegno della Chiesa locale e del Vaticano. La sparizione, l’apparente assenza di morti e di tombe o di fosse comuni costituirono la condizione per non perdere il sostegno del Vaticano. Che sapeva fin da subito, non solo per le strette frequentazioni dei vertici ecclesiastici con quelli della dittatura, ma soprattutto perché i cappellani militari furono in prima linea a sostenere torturatori e assassini in divisa e doppiopetto. Come ha rivelato pubblicamente Videla: «Il rapporto con la chiesa cattolica fu eccellente, molto cordiale, sincero e aperto». Ma per cosa ha chiesto scusa Bergoglio che si è sdraiato a terra insieme ai suoi preti? E cos’ha fatto la sua chiesa per rimediare a un male tanto grande da costringerla a prostrarsi? La stessa cricca vaticana di privilegiati che sosteneva Videla e Pinochet ha scelto Bergoglio come pontefice e per di più lo ha presentato agli occhi dei fedeli come un novello San Francesco.
Horacio Verbitsky è uno dei principali giornalisti di inchiesta argentini. Lui sostiene con prove alla mano, da anni, che Jorge Bergoglio ha mentito di fronte a un tribunale argentino e che nasconde responsabilità personali dirette riguardo al sequestro di due sacerdoti gesuiti avvenuto nel 1977. Sostiene di avere i documenti per provare ciò che dice. Due di questi documenti sono pubblicati nel suo libro “El silencio”. I fatti. Subito dopo il golpe del 24 marzo 1976 Bergoglio era Superiore provinciale della Compagnia di Gesù in Argentina. Era quindi il diretto superiore dei sacerdoti gesuiti delle comunità ecclesiastiche di base che lavoravano nelle baraccopoli di Buenos Aires, attività non gradita ai militari che ritenevano questo genere di attività sintomo evidente di inclinazione alla sovversione. Nel febbraio del ’76, un mese prima del colpo di stato, Bergoglio chiese a due sacerdoti, Orlando Yorio e Francisco Jalics, di smettere di lavorare con i poveri delle baracche, di lasciar perdere, di andarsene. Loro si rifiutarono. Nel maggio di quell’anno vennero sequestrati, portati nel centro clandestino della Escuela meccanica de la armada e torturati. Vennero rilasciati dopo sei mesi. A salvar loro la vita, a sottrarli ai voli della morte in cui venne fatta sparire la maggior parte degli altri prigionieri, furono pressioni internazionali, anche del Vaticano. I due sacerdoti sostengono che fu Bergoglio il responsabile del loro sequestro, perché cacciandoli dalla Compagnia e fecendo pressioni sull’arcivescovo di Buenos Aires perché non potessero dire più messa, tolse loro la protezione ecclesiastica necessaria a sopravvivere in quelle condizioni facendoli così finire nelle liste nere dei militari. Bergoglio ha sempre sostenuto invece che ordinò loro di andarsene, che insistette perché abbandonassero quel lavoro e che li cacciò dalla Compagnia per la regione contraria: per proteggerli.
Di questa polemica si è discusso a lungo in Argentina dopo la fine della dittatura quando Bergoglio era arcivescovo di Buenos Aires. Finché un giorno Verbitsky ha raccontato di aver trovato nell’archivio del ministero degli esteri argentino dei documenti che, dice lui: “chiariscono la questione dimostrando che la verità la dicevano due sacerdoti”. I documenti sono tre. “Uno è una lettera in cui due, anni dopo del sequestro, Bergoglio sollecita un passaporto per uno dei due sacerdoti, nel frattempo uscito dal Paese – racconta Verbitsky – . Il secondo è il memorandum inviato al ministro dal funzionario che aveva ricevuto Bergoglio, nel quale il funzionario consiglia di rifiutare la concessione del passaporto. Il terzo è una lettera del funzionario in cui spiega perché il passaporto va rifiutato: perché il sacerdote in questione è un sovversivo, ha avuto grave conflitti con i suoi superiori ed è un elemento perturbatore nella chiesa. E dice anche chi è la fonte di questa informazione: Jorge Bergoglio”.
L’altra grande accusa di Verbitsky al Papa riguarda una testimonianza rilasciata da Jorge Bergoglio davanti al tribunale federale numero 5 di Buenos Aires. “Bergoglio ha mentito al tribunale, ha ammesso di avermi dato un’intervista nel 1999, ma ha negato di avermi dato informazioni da me documentate”. Nel 1999 Verbitsky intervista Bergoglio durante il lavoro di inchiesta per un suo libro sulle complicità tra chiesa argentina e dittatura militare. “Mi ha detto che nel 1979 l’arcivecovado di Buenos Aires vendette alla Marina argentina un’isola nel delta del Tigre che poi venne usata come centro clandestino di prigionia”. Quell’informazione non fu confermata da Bergoglio in tribunale. Si tratta di un’isoletta chiamata “el silencio”, a un’ora di viaggio dal centro di Buenos Aires, usata dalla chiesa come luogo di villeggiatura. Venne venduta nel ’79 alla Marina e diventò centro di prigionia clandestino. “Non avrei potuto rintracciare il documento che prova la compravendiata della proprietà dell’isola se Bergoglio non mi avesse dato dati – dice Verbitsky – nella testimonianza ha mentito”.
Ad inchiodarlo c’è anche la testimonianza di padre Orlando Yorio, morto nel 2000 in Uruguay e mai ripresosi pienamente dalle torture, dalla terribile esperienza vissuta chiuso nell’Esma. In un’intervista rilasciata a Verbistky nel 1999 racconta il suo arrivo a Roma dopo la partenza dall’Argentina: “Padre Gavigna, segretario generale dei gesuiti, mi aprì gli occhi – raccontò in quell’occasione – Era un colombiano che aveva vissuto in Argentina e mi conosceva bene. Mi riferì che l’ambasciatore argentino presso la Santa Sede lo aveva informato che secondo il governo eravamo stati catturati dalle Forze armate perché i nostri superiori ecclesiastici lo avevano informato che almeno uno di noi era un guerrigliero. Chiesi a Gavigna di mettermelo per iscritto e lo fece”. Nel libro, inoltre, Verbistky spiega come Bergoglio, durante la dittatura militare, abbia svolto attività politica nella Guardia di ferro, un’organizzazione della destra peronista, che ha lo stesso nome di una formazione rumena sviluppatasi fra gli anni Venti e i Trenta del Novecento, legata al nazionalsocialismo. Secondo il giornalista, Bergoglio quando ricoprì il ruolo di Provinciale della Compagnia di Gesù, decise che l’Università gestita dai gesuiti fosse collegata a un’associazione privata controllata dalla Guardia di ferro. Controllo che terminò proprio quando Bergoglio fu trasferito di ruolo. “Io non conosco casi moderni di vescovi che abbiano avuto una partecipazione politica così esplicita come è stata quella di Bergoglio”, incalza Verbitsky.
Riferimenti:
https://www.youtube.com/watch?v=lHGq5aRPz2A
http://www.adistaonline.it/?op=articolo&id=52602
http://www.news.va/en/news/biography-who-is-jorge-mario-bergoglio
http://www2.gwu.edu/~nsarchiv/NSAEBB/NSAEBB185/19760922%20Counter%20Subversion%20dia%20small.pdf
http://www2.gwu.edu/~nsarchiv/NSAEBB/NSAEBB185/19760928%20Entregados%20a%20OCOAS.pdf
http://www2.gwu.edu/~nsarchiv/NSAEBB/NSAEBB185/19780426%20%5BHuman%20Rights%20Note%20from%20Political%20officer%20Tex%20Harris %5D%200000A713.pdf
http://www2.gwu.edu/~nsarchiv/NSAEBB/NSAEBB185/19781227%20Disappearance%20Numbers%200000A8B1.pdf
http://articles.latimes.com/2005/apr/17/world/fg-cardinal17
http://www.elmundo.es/america/2010/11/08/argentina/1289232137.html
http://www.nj.com/news/index.ssf/2013/03/pope_francis_a_look_at_the_lif.html
https://controdisinformazione7.blogspot.com/2014/10/papa-bergoglio-il-silenzio-sulla.html
http://sulatestagiannilannes.blogspot.it/2014/10/il-lato-oscuro-di-papa-bergoglio.html
Horacio Verbitsky
Militante politico rivoluzionario, negli anni Settanta iniziò a collaborare con testate giornalistiche argentine. In quegli anni fu un membro attivo del gruppo guerrigliero dei Montoneros e partecipò anche ad azioni armate. Per questo fu costretto all’esilio in Perù. Strenuo oppositore di Jorge Videla, nel periodo della Dittatura militare argentina diede vita, con Rodolfo Walsh, alla Agencia de Noticias Clandestinas, tramite la quale veniva denunciata la repressione del regime e venivano diffuse le prime informazioni sui campi di concentramento dell’ESMA. Divenne internazionalmente noto nel 1995 con la pubblicazione del saggio Il Volo – Le rivelazioni di un militare pentito sulla fine dei desaparecidos; il testo tratta delle brutalità commesse durante la dittatura nel periodo 1976-1983 (il volo del titolo fa riferimento alla pratica di gettare gli oppositori in mare dagli aerei), ed è basato sulla confessione dell’ex ufficiale di Marina Adolfo Scilingo. Il libro è stato un importante elemento probatorio nel processo condotto in Spagna dal giudice Baltasar Garzón contro lo stesso Scilingo, che nell’aprile 2005 è stato condannato a 640 anni di carcere. È invece del 2005 il libro L’isola del silenzio. Il ruolo della Chiesa nella dittatura argentina, nel quale Verbitsky, raccogliendo le testimonianze di sopravvissuti e parenti dei desaparecidos, ricostruisce la storia del campo di concentramento in una delle isole del Río Tigre, chiamata El Silencio. L’inchiesta di Verbitsky mette in evidenza i retroscena dei rapporti tra la dittatura argentina e le gerarchie ecclesiastiche, chiamando in causa alcune figure di spicco del Vaticano, come il nunzio apostolico Pio Laghi, papa Paolo VI e Jorge Mario Bergoglio (futuro papa Francesco).
Lascia un commento