PASOLINI: UN DELITTO DI STATO, SEPOLTO DAL SEGRETO DI STATO!

di Gianni Lannes Dopo mezzo secolo la verità è ancora sepolta dalle menzogne dello Stato italiano. Un corsaro armato di poetiche parole, pericolosissimo per il potere e la criptocrazia che ancora imperversa e domina il Belpaese: un uomo straordinario – da eliminare – che oltrepassava l’orizzonte comune. In vita Pier Paolo Pasolini ha subito ben…

di Gianni Lannes

Dopo mezzo secolo la verità è ancora sepolta dalle menzogne dello Stato italiano. Un corsaro armato di poetiche parole, pericolosissimo per il potere e la criptocrazia che ancora imperversa e domina il Belpaese: un uomo straordinario – da eliminare – che oltrepassava l’orizzonte comune.

In vita Pier Paolo Pasolini ha subito ben 33 procedimenti giudiziari, un’autentica persecuzione, perdurata anche dopo la morte. La sua morte violenta è un caso irrisolto, su cui aleggia il solito mistero tricolore, come per l’omicidio di Aldo Moro e l’assassinio di Piersanti Mattarella.

Ora – sabato 1 novembre 2025 – chiedo alle autorità di sapere: per caso risultano uno o più atti relativi all’omicidio di Pier Paolo Pasolini, coperti dal segreto di Stato, e in tal caso il Governo intende fornire alla magistratura ogni elemento utile in suo possesso, al fine di ogni iniziativa di competenza volta a chiarire la tragica vicenda?

Risposta? Silenzio tombale. Come mai la Meloni e Nordio fanno i latitanti rispetto alle domande urticanti?

Pier Paolo Pasolini è una delle figure intellettuali più importanti del Novecento europeo, e le sue opere sono diffuse e studiate in tutto il mondo. Egli è parte integrante del patrimonio culturale italiano.

La notte tra il 1o e il 2 novembre 1975 Pasolini è stato barbaramente assassinato sulla spiaggia dell’idroscalo di Ostia, località del comune di Roma. Circostanze e moventi dell’omicidio sono a tutt’oggi coperti da interrogativi irrisolti, che hanno lasciato spazio a molteplici ricostruzioni e congetture.

Dal 1972 Pasolini stava lavorando a «Petrolio», un testo di non facile definizione che avrebbe dovuto rendere il suo sguardo su alcuni dei nodi più delicati della storia economica del paese, con particolare attenzione alle vicende dell’Eni di Eugenio Cefis. Una delle fonti del libro era «Questo è Cefis. L’altra faccia dell’onorato presidente» libro firmato con lo pseudonimo Giorgio Steimetz e pubblicato dall’Ami (Agenzia Milano Informazioni) nell’aprile 1972. Sulla vera identità dell’autore si sono fatte varie ipotesi senza giungere ad una conclusione; di fatto il libro-fonte è presto scomparso dalla circolazione.

La morte ha impedito al poeta corsaro di terminare il lavoro che è apparso solo nel 1992 edito da Einaudi. Del testo sono rimaste 522 pagine scandite in «Appunti» con una numerazione progressiva che si configurano in un insieme di frammenti più o meno estesi e di soli titoli.

Dopo la pubblicazione degli appunti molte personalità della cultura italiana si sono impegnate nello studio e nell’interpretazione di «Petrolio», e nel corso degli anni alcuni di essi hanno avanzato l’ipotesi che una parte del manoscritto fosse mancante. Si tratterebbe dell’Appunto 21, dedicato dall’autore alle vicende dell’Eni ed all’omicidio (con attentato esplosivo) di Enrico Mattei, ma nessuno ha avuto mai modo di verificarne l’esistenza.

Il 2 marzo 2010 Marcello Dell’Utri (a proposito: oggi non si può far dire alla Cassazione ciò che la Corte non ha detto sui rapporti fra Berlusconi, l’ex senatore e la mafia), in occasione della conferenza stampa di presentazione della XXI Mostra del libro antico, ha annunciato il ritrovamento del capitolo presunto mancante del romanzo «Petrolio». Secondo alcune ricostruzioni l’Appunto 21 dal titolo «Lampi sull’Eni» sarebbe stato trafugato dalle carte del manoscritto dopo la morte del poeta e quindi mai pubblicato.

Il poeta, saggista e scrittore, Gianni D’Elia, che per primo ha sostenuto che nel romanzo postumo mancava una parte e che all’intera vicenda ha dedicato il volume «Il petrolio delle stragi», edito da Effigie si è espresso in questi termini: «Pazzesco, roba da matti, incredibile. Quel capitolo del romanzo “Petrolio”, ritenuto dal giudice Calia un documento Storico sulle stragi d’Italia, è stato rubato da casa di Pasolini. In termini giuridici è un “corpo di reato”. Se è vero, Dell’Utri deve dire come lo ha avuto, chi glielo ha dato, per quali fini».

D’Elia ha sostenuto di aver avuto conferma del furto di alcuni documenti appartenenti a Pasolini dal cugino di Pasolini stesso Guido Mazzon, secondo il quale fu proprio la Chiarcossi ad informare telefonicamente i familiari dell’avvenuta incursione nella casa del poeta e dello smarrimento di gioielli e documenti; secondo alcuni la prova dell’esistenza del capitolo è conseguenza del fatto che nelle pagine successive del testo l’autore accenna all’Appunto 21 come ad una parte compiuta e presente nel corpo dell’opera.

Nel 2023, dopo ben 48 anni dalla tragica morte, la Procura della Repubblica di Roma, ribattezzato pubblicamente il “porto delle nebbie”, ha deciso di rigettare un’istanza motivata di riapertura delle indagini presentata il 3 marzo 2023 a sostegno della quale si era anche schierato l’ordine dei giornalisti del Lazio, oltre a numerosi esponenti del mondo della cultura.

A tutt’oggi l’unico condannato, a 9 anni e 7 mesi di reclusione, per il brutale assassinio risulta l’allora minorenne Giuseppe Pelosi, eppure già la sentenza emessa dal Tribunale per i minorenni, presieduto da Carlo Alfredo Moro, nel 1976 aveva riconosciuto la responsabilità di Pelosi insieme ad ignoti. Tuttavia su questi ultimi la magistratura non indagò mai effettivamente, grazie anche ad una sentenza di appello che riconobbe quale unico responsabile Giuseppe Pelosi.

Sono numerosi gli elementi a sostegno dell’istanza di riapertura: innanzitutto le dichiarazioni rese da uno dei fondatori della “banda della Magliana” Maurizio Abbatino, rese in data 24 aprile 2022 alla Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno delle mafie e sulle altre associazioni criminali similari, anche straniere. Nel dettaglio risulta che Abbatino abbia confermato “di aver preso parte, da giovanissimo, ad un furto di pellicole cinematografiche che era stato commissionato dal proprietario di una bisca di cui ha anche fatto il nome (Franco Conte). Le dichiarazioni fornite sono sufficientemente puntuali, giacché Abbatino rammenta di aver accompagnato alcuni altri giovani in un luogo – che il testimone non è in grado di ricordare con esattezza, ma colloca approssimativamente nei dintorni di via Tiburtina – da cui sarebbero state sottratte tre grosse ‘pizze’ di girato. A dire di Abbatino, Franco Conte, che risulterebbe aver commissionato il furto delle pellicole, conosceva lo stesso Pasolini in quanto questi, occasionalmente, aveva frequentato il suo locale”. Tra le pellicole rubate come è noto vi erano anche quelle del film “Salò o le 120 giornate di Sodoma”, ultimo film girato da Pasolini; come emerso nel corso delle precedenti indagini Pasolini aveva interesse a recuperare quelle “pizze”.

Trovavano così conferma le dichiarazioni rese da Sergio Citti, ovvero che qualche giorno prima dell’omicidio di Pasolini, aveva appreso da Sergio Placidi, un appartenente alla malavita romana dell’epoca, che un gruppo di persone pretendeva una somma di denaro per la restituzione delle pizze del film e che il regista aveva fissato un incontro con queste persone il 1° novembre 1975. Placidi in data 4 aprile 2011 aveva negato tale episodio ma, nuovamente sentito in data 25 giugno 2011, aveva riferito che effettivamente Citti si era rivolto a lui affinché si interessasse del recupero delle pellicole del film di Pasolini. Tale episodio doveva necessariamente essere messo in correlazione con quanto riferito da Gianfranco Sotgiu, ovvero da colui che già aveva reso dichiarazioni alla giornalista Oriana Fallaci nelle quali aveva confermato di aver udito dire a tre ragazzi testualmente: “Mi raccomando ho un appuntamento con Pasolini fatevi trovare lì”; a riprova vi sarebbe il fatto che sull’autovettura di Pasolini vennero rinvenute 30.000 lire (3 banconote da 10.000 lire) presso il posto di guida.

Nonostante i numerosi elementi raccolti da ultimo anche dalla Commissione parlamentare, la magistratura non ha ritenuto opportuno accertare un movente diverso dell’omicidio, considerato che quello a sfondo sessuale attribuito a Pelosi è risultato superato dall’individuazione proprio dei 3 profili genetici e dallo svolgimento delle ulteriori indagini.

In particolare non è stata mai approfondita la pista del delitto politico ed il ruolo dei servizi segreti italiani, nonostante il gran numero di circostanze portate all’attenzione degli inquirenti, fra le quali i risvolti delle indagini svolte dalla Procura della Repubblica di Pavia sull’uccisione del presidente dell’ENI Enrico Mattei, che hanno indicato un collegamento con l’omicidio di Pasolini e il fatto che al momento della morte Pasolini stava scrivendo il romanzo “Petrolio”, dove si affrontano figure controverse vicine alla P2, né gli articoli usciti poco tempo prima sul tema della strategia della tensione, del ruolo svolto dalla CIA in Italia, delle stragi di Brescia e Milano;

Considerato che avverso il diniego opposto dalla Procura all’istanza presentata ex articolo 414 del codice di procedura penale il nostro ordinamento non prevede, peraltro, alcun rimedio per la parte proponente, ne consegue che l’omicidio Pasolini sarebbe da catalogare nella lunga serie dei misteri italiani irrisolti.

Infatti, con provvedimento del 20 novembre 2023, è stata rigettata l’istanza di riapertura delle indagini del procedimento penale numero 18233/2010 modello 44, relativo all’omicidio di Pierpaolo Pasolini.

Dacia Maraini ha scritto che nel calcio “Pier Paolo inseguiva un se stesso bambino che scappava. Quando giocava quel bambino prendeva corpo assieme al pallone; quando finiva di giocare, tornava l’adulto inquieto e doloroso che era diventato”. Forse non si sarebbe potuto dire meglio di così. L’ultima partita vera Pasolini la giocò a San Benedetto del Tronto, nel settembre dell’anno 1975, contro una squadra di vecchie glorie del club marchigiano. La sua maglia – azzurra e con il numero 11 – venne adagiata sul feretro. Nessuno ha mai conosciuto l’autore di quell’omaggio. Nel giorno del suo funerale avevo 10 anni e non dimenticherò mai quel dolore inflitto all’Italia, che allora perdeva allo stesso tempo un poeta, uno scrittore e un regista. Cosa sapeva Pasolini con un occhio sul presente e l’altro sull’avvenire, che noi non sappiamo?

Riferimenti:

OMAGGIO A PIER PAOLO PASOLINI

Tags:

Lascia un commento