di Gianni Lannes

Quale giustizia in Italia, se dopo quasi mezzo secolo la verità è ancora indicibile e perdurano ad oltranza i segreti di Stato? Come mai Fioravanti (sospettato dal giudice Giovanni Falcone di essere anche l’assassino di Piersanti Mattarella) e la coniuge Mambro, con rispettivi 9 e 8 ergastoli a testa, a cui si sommano le condanne a 153 anni di reclusione, condannati con sentenza definitiva anche per la strage di Bologna (nell’anno 1995) non sono in galera da anni? Vale lo scontone di pena per i neofascisti protetti dallo Stato italiano per conto terzi? A proposito: quando la camerata Meloni e il codazzo di squadristi in Parlamento tentarono di depistare la verità sulla strage di Bologna.

Il già presidente dell’Associazione familiari delle vittime del 2 agosto 1980, Paolo Bolognesi, ha segnalato la circolare del direttore generale degli archivi di Stato, Antonio Tarlasco, che vieta la visione delle sentenze sulla strage di Bologna del 2 agosto 1980; la circolare risale al mese di giugno 2024 e riguarda la “consultabilità delle sentenze” conservate negli archivi di Stato.
In particolare, si legge nella circolare: “il diritto alla conoscibilità degli atti giudiziari non può qualificarsi in termini assoluti”, dal momento che “si contrappone al diritto alla riservatezza delle parti del processo”.
La circolare richiama quindi le “norme speciali” già previste dal codice dei beni culturali e del paesaggio (decreto legislativo n. 42 del 2004), che fissano dei limiti alla consultabilità degli atti archiviati.
Tale direttore ha poi invocato “limiti derivanti dalla disciplina della riservatezza” a seguito di “alcuni quesiti” su questo tema presentati alla stessa direzione degli archivi di Stato.
La piena disponibilità delle sentenze sulla strage di Bologna del 2 agosto 1980 e delle loro motivazioni rappresenta un patrimonio fondamentale per la nostra democrazia che deve essere pubblico e disponibile.
Bolognesi, inoltre, ha manifestato, giustamente, in una dichiarazione allo stesso organo di informazione, la preoccupazione sulla presenza di una rete di protezione per i terroristi neri.
Altri fatti. La direttiva del Presidente del Consiglio datata 22 aprile 2014, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale (serie generale numero 100 del 2 maggio 2014), ha previsto la declassifica e il versamento straordinario all’Archivio centrale dello Stato «degli atti concernenti gli eventi di Piazza Fontana a Milano (1969), di Gioia Tauro (1970), di Peteano (1972), della Questura di Milano (1973), di Piazza della Loggia a Brescia (1974), dell’Italicus (1974), di Ustica (1980), della stazione di Bologna (1980), del Rapido 904 (1984)».
Tale disposizione è stata successivamente ampliata dalla direttiva del Presidente del Consiglio dei ministri 2 agosto 2021, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale (serie generale n. 190 del 10 agosto 2021), arrivando così ad includere anche la documentazione concernente l’organizzazione Gladio e la Loggia Massonica P2.
Con riferimento ai fatti citati nella direttiva del 2014, con decreto del Segretario generale del 28 settembre 2016 è stato istituito il Comitato consultivo sulle attività di versamento agli archivi di Stato e all’Archivio centrale dello Stato della documentazione in oggetto.
Il Comitato, rinnovato annualmente e ricostituito con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 15 settembre 2021, è formato anche dai presidenti di importanti associazioni dei familiari di vittime delle stragi, tra cui quelle riferite alla Strage della Stazione di Bologna e alla Strage di Ustica, entrambe avvenute nell’anno 1980.
Il Comitato, che ha concluso nell’ottobre 2022 i lavori e presentato la sua relazione annuale, ha riscontrato gravi carenze circa l’attuazione della direttiva del 2014 e grandi deficienze del materiale coevo ai fatti nelle varie amministrazioni pubbliche, come denunciato sulla stampa dalla Presidente dell’Associazione parenti delle vittime della strage di Ustica, l’onorevole Daria Bonfietti: carte mancanti, elenchi di nominativi non consegnati, carte censurate e interi pezzi cancellati proprio in concomitanza con la loro desecretazione. Inoltre manca all’appello l’intero archivio del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti per agli anni delle Stragi (1968-1980), nonché tutta la documentazione del Ministro e del suo gabinetto.
Tali gravi carenze, oltre a rappresentare la mancata applicazione di quanto previsto dai provvedimenti della Presidenza del Consiglio dei ministri, recano un grave danno nei confronti dei familiari delle vittime delle stragi, tra cui quelle della stazione di Bologna e di Ustica, che da oltre quarant’anni cercano risposte alle loro sofferenze, oltre che per tutta la popolazione italiana.
È utile ricordare a chi detiene il potere politico per conto terzi che il decreto legislativo 22 gennaio 2004, numero 42, cosiddetto «Codice dei beni culturali e del paesaggio», stabilisce, all’articolo 10, che rappresentano beni culturali «gli archivi e i singoli documenti dello Stato», ivi inclusi quindi gli archivi ministeriali, e, all’articolo 41, il versamento «all’Archivio centrale dello Stato e agli archivi di Stato dei documenti relativi agli affari esauriti da oltre trent’anni, unitamente agli strumenti che ne garantiscono la consultazione.».
Riferimenti:
Gianni Lannes, Ustica e Bologna. Due stragi senza verità, Edizioni Mondo, Pescara, 2023.
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