GOVERNO MELONI: COMPLICE GENOCIDIO IN PALESTINA!

di Gianni Lannes Alla prova dei fatti: l’Italia con l’avallo del governo Meloni continua a fornire armi e materiali bellici ad Israele che seguita a sterminare il popolo palestinese. Inoltre il presidente del consiglio Giorgia Meloni, e i ministri Tajani, Crosetto, Piantedosi e Nordio risultano latitanti in Parlamento, poiché non rispondono agli atti parlamentari di…

di Gianni Lannes

Alla prova dei fatti: l’Italia con l’avallo del governo Meloni continua a fornire armi e materiali bellici ad Israele che seguita a sterminare il popolo palestinese. Inoltre il presidente del consiglio Giorgia Meloni, e i ministri Tajani, Crosetto, Piantedosi e Nordio risultano latitanti in Parlamento, poiché non rispondono agli atti parlamentari di sindacato ispettivo presentati da deputati e senatori, garantendo il pieno e totale appoggio al macellaio Netanyahu, ricercato a livello internazionale per crimini contro l’umanità.

Da un’inchiesta giornalistica sono emerse notizie riguardanti da una parte triangolazioni finalizzate a continuare a rifornire Israele di materiale d’armamento sotto mentite spoglie aggirando i controlli della legge 9 luglio 1990, numero185, e dall’altra consegne di materiali esplosivi e radioattivi “dual use” anch’essi non soggetti alla normativa sull’export militare.

Dai documenti dell’indagine della Procura di Ravenna sul carico sequestrato il 4 febbraio 2025 nel porto cittadino è emerso che l’azienda lecchese Valforge S.r.l. avrebbe fatto da intermediaria per altre due aziende di Varese per evitare i controlli previsti dalla legge 185 del 1990 sull’export di armi, in quanto non soggetta ad autorizzazione dell’Unità per le autorizzazioni dei materiali di armamento (UAMA) del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale. La commessa riguardava oltre 13 tonnellate di “lavori in ferro e fucinati” prodotti da Stamperia Mazzetti S.r.l. di Oggiona e Riganti S.p.A. di Solbiate Arno destinati a “cannoni per veicoli terrestri da combattimento” e commissionati a fine maggio 2024 alla Valforge dal colosso militare israeliano Israel military system (Imi Ltd).

Il carico del 4 febbraio non sarebbe stato l’unico diretto verso Israele. Consultando la banca dati Cosmos dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli, gli inquirenti hanno ricostruito che nel 2024 sono stati spediti dalla Valforge altri quattro carichi di “forgiati fusioni e semilavorati”, senza autorizzazione dell’UAMA, verso la Ashot Ashkelon, industria militare israeliana di proprietà di Imi Ltd. Proprio nell’estate 2024 quest’ultima aveva ottenuto un’importante commessa dal Ministero della difesa israeliano per produrre e fornire componenti per i carri armati Merkava e gli Apc Namer, veicoli per il trasporto truppe. Queste quattro spedizioni sono passate indenni ai controlli: due dagli uffici doganali di Bologna (il 25 giugno e il 10 settembre 2024), le altre da quelli di Milano 1 e Milano 2, il 6 novembre 2024.

Secondo i dati accessibili delle statistiche nazionali e del database del commercio mondiale Comtrade, nel 2024 l’Italia ha iniziato a esportare cordoni detonanti verso Israele, inviando complessivamente 140 tonnellate di materiale per un valore di 2.078.458 euro. Inoltre, da novembre 2023 a marzo 2025, l’Italia ha esportato quantitativi senza precedenti (5.980 tonnellate) di quello che, classificato sotto la categoria “concimi”, viene indicato come “nitrato di ammonio non in soluzione acquosa, con tenore di azoto, in peso, superiore al 34%”, una sostanza chimica definita “precursore di esplosivo” usata nella produzione di miscele detonanti. Le massicce forniture italiane sembrano aver sostituito quelle interrotte da Spagna, Svezia e Turchia. Micce detonanti e nitrato d’ammonio vengono notoriamente utilizzati dall’esercito israeliano per le sistematiche demolizioni controllate delle strutture civili nella striscia di Gaza.

Nel 2024 le vendite a Israele di composti contenenti trizio hanno raggiunto un valore di 1.485.587 euro, per un totale di 288 chilogrammi di materiale e i dati relativi al 2025 mostrano un ulteriore aumento. Nel primo trimestre, l’Italia ha esportato verso Israele composti a base di trizio per un valore pari a 686.411 euro, un incremento del 276 per cento rispetto allo stesso periodo del 2024. Il trizio è un isotopo radioattivo dell’idrogeno utilizzato a scopi scientifici ma anche nella produzione di ordigni nucleari. È classificato come materiale dual use non soggetto ai controlli della legge 185 del 1990.

Il 12 aprile 2024, l’associazione britannica “Action on armed violence” (AOAV) ha pubblicato i risultati di un’indagine, intitolata “Chi sta armando Israele” (“Who is arming Israel”), in cui veniva documentato il ruolo cruciale svolto dall’Italia nelle esportazioni militari verso Israele. Nello specifico, si legge nel rapporto che: “L’Italia si posiziona come il terzo maggiore fornitore di equipaggiamento militare a Israele, contribuendo per lo 0,9% alle importazioni totali di armi di Israele dal 2019 al 2023. Le esportazioni hanno riguardato principalmente elicotteri e artiglieria navale”. Secondo l’Istituto Nazionale di Statistica (ISTAT), il valore di queste vendite di armi ha raggiunto i 13,7 milioni di euro lo scorso anno. In particolare, tra ottobre e dicembre, l’Italia ha approvato esportazioni per un valore di 2,1 milioni di euro, nonostante le precedenti dichiarazioni del governo che suggerivano una sospensione delle vendite di armi verso paesi coinvolti in conflitti o accusati di violazioni dei diritti umani.

Il ministro della Difesa Guido Crosetto ha riferito addirittura al Parlamento tricolore che l’Italia ha continuato a rispettare i contratti esistenti, dopo attente revisioni e che ogni contratto è stato valutato singolarmente per garantire che i materiali esportati non potessero essere utilizzati contro le popolazioni civili, in linea con il quadro normativo italiano sulle esportazioni di armi. I dati di CAAT [Campaign against arms trade] mostrano che tra il 2014 e il 2022, il valore delle licenze di esportazione dall’Italia a Israele ha totalizzato 114 milioni di euro, incluse licenze relative a navi da guerra, armi leggere/artiglieria, velivoli e munizioni.

Il 5 novembre 2024, la stessa AOAV ha pubblicato un’indagine intitolata “La sporca dozzina di Israele: le armi dell’IDF più letali a Gaza” (“Israel’s dirty dozen: the IDF’s most lethal weapons in Gaza”), che mette in luce l’impiego di armi avanzate da parte delle forze di difesa israeliane (IDF) nei bombardamenti a Gaza.

L’uso di munizioni come il GBU-39 e sistemi di artiglieria avanzati, responsabili di gravi conseguenze umanitarie e di un elevato numero di vittime civili, solleva ulteriori e importanti questioni etiche e legali sul rispetto del diritto internazionale umanitario rispetto alla guerra che Israele sta continuando a portare avanti a Gaza.

In risposta all’interrogazione 4-02518, presentata alla Camera dei deputati in data 18 marzo 2024, il viceministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale ha giustificato tali esportazioni, dichiarando che l’Italia avrebbe rispettato i contratti preesistenti, senza sottoscriverne di nuovi a partire dall’ottobre 2023, e che ciascun contratto sarebbe stato valutato per garantire che i materiali esportati non potessero essere usati contro le popolazioni civili, in linea con il quadro normativo nazionale sulle esportazioni di armi. Tuttavia, come ricordato, secondo i dati dell’associazione britannica “Campaign against arms trade”, tra le licenze di esportazioni ve ne erano relative a navi da guerra, armi leggere e artiglieria, velivoli e munizioni, che non è davvero comprensibile come possano essere giudicate tali da non contribuire al disastro che si è abbattuto sui civili di Gaza.

Ad aprile 2025 è stata trasmessa alle Camere la «Relazione sulle operazioni autorizzate e svolte per il controllo dell’esportazione, importazione e transito dei materiali di armamento (Anno 2024)», dalla quale emerge un dato rilevante e, al contempo, inquietante con riferimento alle importazioni: nel 2024 Israele sale dalla settima alla seconda posizione come Paese di provenienza con 42 autorizzazioni per un valore di 154.937.788,90 euro, con un’incidenza del 20,83 per cento sul totale, quando nel 2023 era al 2,52 per cento con 31.545.932,82 euro.

I sistemi d’arma prodotti dalle aziende israeliane e vendute in Europa sono di fatto testate su Gaza e sui territori palestinesi martoriati dal conflitto, dato peraltro riportato macabramente sulle brochure pubblicitarie delle armi. I «Principi guida sulle imprese e i diritti umani» redatti dall’Onu, raccomandano agli Stati di accertarsi prima della sottoscrizione di contratti con imprese di altri Paesi che le stesse rispettino i diritti umani e in questo caso appare evidente che pubblicizzare armi usate in territori come quello della Striscia di Gaza va decisamente oltre il mancato rispetto dei diritti umani.

Le ultime gravissime dichiarazioni di Netanyahu con le quali ha annunciato di essere «alla vigilia di un’invasione massiccia di Gaza», a seguito della decisione approvata all’unanimità del gabinetto israeliano di espandere le operazioni militari lasciano presagire il peggio, con atti finali mirati a concludere un progetto di annientamento sistematico di una popolazione. Il piano prevede l’occupazione militare della Striscia di Gaza, il trasferimento forzato della popolazione palestinese e la gestione degli aiuti umanitari affidata a imprese private.

La mancata condanna da parte del Governo italiano in merito all’annuncio del Primo Ministro israeliano e il mantenimento delle relazioni commerciali in ambito militare con Israele non sono accettabili alla luce dei perpetrati crimini contro l’umanità e crimini di guerra commessi nella Striscia di Gaza, motivazioni peraltro che hanno portato la Corte penale internazionale ad emettere il mandato di arresto per Netanyahu.

Il 5 aprile 2024 il Consiglio dei diritti umani dell’ONU ha approvato una risoluzione con la quale invita tutti gli Stati a cessare la vendita, il trasferimento e la consegna di armi, nonché di munizioni e di altri equipaggiamenti militari a Israele, compresi beni e tecnologie di sorveglianza, anche «dual use», al fine di prevenire ulteriori violazioni del diritto umanitario internazionale, ricordando anche l’ordinanza della Corte internazionale di giustizia (Cig) del 26 gennaio 2024 sulla richiesta di misure urgenti presentata dal Sudafrica nella controversia iniziata dallo stesso Stato contro Israele e relativa all’applicazione della Convenzione per la prevenzione e repressione del crimine di genocidio del 1948.

Nella pronuncia la Cig ha riconosciuto che «almeno alcuni dei diritti citati dal Sudafrica e dei quali chiede la tutela sono plausibili», riferendosi in particolare al diritto dei palestinesi di Gaza ad essere protetti contro gli atti di cui all’articolo III della Convenzione, ossia contro il genocidio, ordinando altresì a Israele di adottare misure immediate ed efficaci per assicurare la fornitura di servizi di base e aiuti umanitari essenziali per garantire la sopravvivenza della popolazione palestinese.

Il Governo Meloni ha dichiarato di “non aver rilasciato nuove autorizzazioni per la vendita di armi a Israele e di rientrare nella cornice normativa della legge numero 185 del 1990 per quanto riguarda le autorizzazioni concesse anteriormente al 7 ottobre 2023”. Tale questione è stata anche oggetto di un articolo del settimanale L’Espresso del 27 marzo 2024 che riportava la discrepanza tra la bozza di testo della relazione sulle operazioni autorizzate e svolte per il controllo dell’esportazione, importazione e transito dei materiali di armamento, nella quale si attestava la mancata sospensione o revoca, e il testo effettivamente depositato in Parlamento. Dunque, non sarebbero state sospese o revocate le esportazioni autorizzate prima del 7 ottobre 2023.

Il 16 giugno 2003 è stato sottoscritto a Parigi il Memorandum d’intesa tra il Governo della Repubblica Italiana e il Governo dello Stato di Israele in materia di cooperazione nel settore militare e della difesa; il Memorandum è stato ratificato dalla legge n. 94 del 17 maggio 2005, ed è entrato in vigore l’8 giugno 2005. Come si evince dalla relazione tecnica allegata al disegno di legge di ratifica dello stesso, l’attuazione del Memorandum comporta oneri per il bilancio dello Stato, quindi costi per i cittadini; il Memorandum contempla il periodico rinnovo tacito quinquennale, ove non intervenga denuncia scritta, notificata da una delle parti all’altra, prima della scadenza del quinquennio. Denuncia ad oggi mai avvenuta da nessuna delle due parti; il Memorandum comporta una serie di attività non tutte conoscibili dai cittadini italiani, tra cui lo scambio di informazioni riservate coperte da segreto militare riguardante, quindi, finalità non civili, ma di difesa, strategia geopolitica e conflitti; il Memorandum è stato rinnovato già tre volte, ed il quarto rinnovo, che avverrà è avvenuto tacitamente l’8 giugno 2025. Tuttaia, secondo quanto riferito dal Ministro per i rapporti con Parlamento, Luca Ciriani – in occasione della seduta di interrogazioni a risposta immediata, presso la Camera dei deputati del 28 maggio 2025 – il rinnovo dell’accordo sarebbe previsto nell’aprile del 2026, in applicazione del meccanismo del rinnovo tacito a cinque anni dalla notifica israeliana. Tale interpretazione appare fuorviante e irrilevante rispetto alla questione politica e giuridica centrale, ovvero la possibilità, prevista dallo stesso testo del memorandum, di recedere unilateralmente in qualsiasi momento.

Dieci giuristi italiani hanno presentato una diffida formale al Governo chiedendo l’immediata interruzione del memorandum, ritenendolo in contrasto con il diritto internazionale, gli obblighi derivanti dalle decisioni della Corte internazionale di giustizia, gli ordini di arresto della Corte penale internazionale, nonché potenzialmente incostituzionale in virtù del suo collegamento a un accordo segreto del 1987; i giuristi hanno anche presentato una richiesta di accesso civico generalizzato agli atti relativi al memorandum e all’accordo originario, a cui la Presidenza del Consiglio è tenuta a rispondere entro 30 giorni, ma a oggi non risultano risposte ufficiali. Tutto ciò avviene mentre, nei territori palestinesi occupati, si continuano a registrare gravi violazioni dei diritti umani: a Gaza si muore di fame, sete o sotto le bombe, in Cisgiordania continuano espropri illegali e violenze da parte dei coloni israeliani, in violazione del diritto internazionale e delle convenzioni di Ginevra.

Il procedimento in corso alla Corte internazionale di giustizia, che ha riconosciuto la plausibilità del genocidio in atto contro il popolo palestinese; la stessa Corte (luglio 2024) ha dichiarato illegale l’occupazione israeliana del territorio palestinese e ne ha ordinato lo smantellamento entro il 17 settembre 2025. I mandati di arresto sono stati emessi dalla Corte penale internazionale (novembre 2024) nei confronti del primo ministro israeliano Netanyahu e l’ex ministro della difesa Gallant per crimini di guerra e crimini contro l’umanità. Il rinnovo del Memorandum determina di fatto l’accostamento dell’Italia alle azioni criminali poste in essere dall’attuale Governo Israeliano a danno del popolo palestinese.

A Porto Marghera la nave merci Borkum, armatore tedesco, battente bandiera di Antigua e Barbuda, e che, secondo alcune organizzazioni filo-palestinesi, trasporta anche armi per Israele, il 25 maggio 2024 è arrivata in rada alla bocca di Malamocco per entrare in porto lunedì 27 maggio 2024 mattina. Prima di arrivare nelle nostre acque territoriali è stata accolta da diverse manifestazioni di protesta in Spagna, dove gli attivisti di Podemos hanno sostenuto che il carico della nave consisterebbe in armi dirette ad Israele. Secondo fonti di stampa locale, la nave trasporterebbe nella sua pancia 12 contenitori di materiale esplosivo. Nel porto di Cartagena il carico, nell’occasione, non aveva trovato banchine tali da accoglierlo. La nave era stata oggetto di polemiche anche in Slovenia, quando aveva attraccato presso Capodistria/Koper. Secondo i giornali sloveni la nave avrebbe nella stiva due tonnellate di esplosivo, motori a razzo e missili con cariche esplosive. Le autorità portuali, tuttavia, hanno smentito le ricostruzioni di stampa, affermando che il transito della Borkum a Venezia non è legato ad armamenti, ma a un carico di tubi; questa notizia segue quella secondo cui dati inediti dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli attesterebbero che solo nei mesi di dicembre 2023 e gennaio 2024 l’Italia ha esportato in Israele armi e munizioni da guerra e non per uso civile per oltre due milioni di euro.

Secondo i dati del SIPRI (Istituto per le ricerche sulla pace di Stoccolma), istituto indipendente di ricerca su conflitti e controllo delle armi, nell’ultimo decennio oltre il 95 per cento delle armi acquistate da Israele è arrivato da Stati Uniti e Germania e la percentuale è salita al 98 per cento negli ultimi cinque anni. L’Italia è il terzo Paese esportatore, anche se la sua quota è relativamente piccola se confrontata con i primi due Paesi: vale lo 0,9 per cento degli acquisti di Israele nel settore fra il 2019 e il 2023.

L’Italia è coinvolta nel supporto logistico e nell’intelligence per le operazioni militari di Israele a Gaza, nonostante le accuse di genocidio mosse da organizzazioni internazionali per la difesa dei diritti umani, tra cui Amnesty International.

Tra il 7 ottobre 2023 e il 7 ottobre 2024 almeno seimila voli militari nella regione del conflitto, analizzati da Al Jazeera tramite piattaforme commerciali che tracciano i voli aerei, avrebbero contribuito a creare un ponte aereo per forniture militari e di intelligence a Israele; di questi seimila voli militari, almeno 631 riguardano l’Italia, nel senso che hanno avuto come origine destinazione il nostro Paese; in particolare, risultano almeno 33 voli dell’aereo Beech Shadow R1, specializzato nella raccolta di dati ai fini di raccolta di intelligence. Questi voli avrebbero collegato la base della Royal Air Force britannica di Akrotiri (Cipro) agli aeroporti di Ancona, Bari, Brindisi, Ciampino e Napoli; inoltre, risultano almeno 101 voli dalla base di Sigonella: molti di questi hanno come destinazione la base USA di Souda (Creta, Grecia), strategica per le operazioni militari nel Mediterraneo orientale. Sigonella risulta anche la base di partenza o di arrivo di almeno 65 voli del drone MQ-4C Triton, utilizzato per operazioni di sorveglianza. E l’organizzazione «progressive international» ha individuato almeno 13 voli cargo, operati dallo United States Transportation Command, tra la base di Sigonella e la base israeliana di Nevatim. Lo U.S. Transportation Command è il comando del Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti che trasporta equipaggiamento e personale militare;

L’azienda italiana Leonardo, operante nel settore della difesa, continua anche nel 2025 il suo programma di assistenza tecnica da remoto, di riparazione e di fornitura dei ricambi per la flotta dei velivoli da addestramento M-346 di Israele. In altri Paesi, come il Regno Unito, circostanze simili hanno spinto parlamentari a chiedere chiarimenti sulle autorizzazioni governative e sulla natura dei materiali trasportati.

Quali sono i contratti in corso tra l’azienda Leonardo e il Governo israeliano, quando sono stati firmati, a quanto ammontano questi contratti per gli anni 2023, 2024, 2025, e quali misure ha preso il Governo italiano affinché la collaborazione militare Italia-Israele, alla base di questi contratti, non venga utilizzata per il massacro della popolazione civile palestinese?

Nel dicembre 2022, l’accordo tra la multiutility Iren, partecipata dai comuni di Genova, Torino e Reggio Emilia, e l’azienda idrica nazionale di Israele Mekorot ha sollevato serie preoccupazioni; Mekorot è stata inserita dall’Assemblea generale dell’ONU nell’elenco delle aziende che beneficiano dell’occupazione dei territori palestinesi. L’accordo tra Iren e Mekorot prevede uno scambio di know-how, con implicazioni etiche e legali rilevanti; l’azienda Mekorot è stata accusata di praticare politiche discriminatorie nell’accesso all’acqua nei territori palestinesi e di causare una crisi idrica a Gaza. Inoltre, l’accordo tra Iren e Mekorot sembra violare sia il codice etico di Iren che quello dei comuni soci riguardo ai diritti umani; cittadini, comitati locali e sindacati hanno espresso disapprovazione, e un gruppo politico ha presentato un esposto in procura contro il comune di Reggio Emilia.

Il 29 ottobre 2023 a tre settimane dall’inizio della nuova operazione militare di Israele a Gaza – a seguito degli attacchi di Hamas del 7 ottobre 2023 – il Ministero dell’energia israeliano ha concesso varie licenze per l’esplorazione di giacimenti di gas nelle acque antistanti la Striscia di Gaza. Tra i beneficiari c’è anche Eni SpA. La firma della convenzione, con cui Eni ha ottenuto la licenza a operare all’interno della zona marittima G, per il 62 per cento palestinese, rappresenta un operato, ad avviso dell’interrogante, predatorio nello sfruttamento di risorse naturali in termini di approvvigionamento energetico, non curante delle norme del diritto internazionale. Nei primi giorni di febbraio 2024 ha fatto seguito al provvedimento una diffida recapitata a tre società (tra cui Eni) da parte dello studio legale statunitense Foley Hoag per conto di organizzazioni umanitarie palestinesi dove si chiede di «desistere dall’intraprendere qualsiasi attività nelle aree della “Zona G” che ricadono nelle aree marittime dello Stato di Palestina», sottolineando che tali attività costituirebbero una violazione del diritto internazionale; i giacimenti, infatti, si trovano in acque profonde all’interno dei confini marittimi dichiarati dallo Stato palestinese nel 2019 in conformità con le disposizioni della Convenzione Onu sul diritto del mare (Unclos) del 1982 firmata dalla Palestina nel 2015. Più precisamente, lo studio legale Foley Hoag sostiene che il 62 per cento della cosiddetta «Zona G» sia di competenza palestinese. Da qui la richiesta a Eni di fermare qualunque attività nell’area per evitare la possibile complicità in violazione di normative internazionali.

Ai sensi del diritto internazionale, a Israele è vietato sfruttare le risorse finite non rinnovabili del territorio occupato, a scopo di lucro commerciale e a beneficio della potenza occupante, secondo le regole di usufrutto, di cui all’articolo 55 del regolamento dell’Aia. Israele, come autorità amministrativa di fatto nel territorio occupato, non può esaurire le risorse naturali per scopi commerciali che non sono a beneficio della popolazione occupata; in data 14 febbraio 2024, in risposta all’interrogazione a risposta immediata 3-00983 presentata dall’interrogante, il Ministro degli esteri Tajani ha risposto: «da quanto riferisce Eni, il contratto è ancora in via di finalizzazione e il consorzio non ha titolarità sull’area, né sono in corso operazioni che avrebbero comunque natura esplorativa. Non è al momento in corso alcuno sfruttamento di risorse». In occasione della assemblea degli azionisti 2025, gli amministratori di Eni hanno risposto ad una domanda pre-assembleare sull’eventuale esplorazione nelle acque all’interno di un’area marittima (zona G) nel Mediterraneo, affermando: «Nessuna licenza è stata finora emessa e nessuna attività esplorativa è in corso di svolgimento»;

Il ministero dell’economia e delle finanze ha il controllo di fatto in Eni SpA in forza della partecipazione detenuta sia direttamente sia attraverso Cassa depositi e prestiti SpA (Cdp SpA) con un totale delle azioni detenute pari al 31,835 per cento; inoltre, negli ultimi mesi, diversi Paesi europei hanno adottato misure istituzionali significative in risposta alle gravi violazioni dei diritti umani commesse da Israele nella Striscia di Gaza, che molti osservatori internazionali qualificano come atti di genocidio.

Il 25 dicembre 2024, il calciatore belga Stephane Omeonga, sotto contratto con la squadra israeliana Bnei Sakhnin, è stato prelevato con la forza da un aereo in transito a Roma Fiumicino, diretto a Tel Aviv, su intervento della Polaria, la polizia aeroportuale; secondo quanto riportato dagli organi di stampa, l’intervento sarebbe avvenuto su richiesta del capo scalo e del comandante della compagnia aerea, a causa della presunta presenza del calciatore in una «black list» di Israele; Omeonga ha denunciato sui social network di essere stato vittima di brutalità da parte della polizia, riferendo di essere stato ammanettato, gettato a terra, picchiato e trattenuto in condizioni umilianti per diverse ore senza cibo né acqua, subendo anche un’accusa di resistenza a pubblico ufficiale e lesioni. Le immagini video dell’accaduto, pubblicate sui canali social, mostrano due poliziotti che costringono il calciatore ad alzarsi e che lo trascinano fuori dall’aereo. Omeonga, nel suo racconto, ha sottolineato di non aver ricevuto alcuna spiegazione valida per il suo arresto e ha denunciato una possibile matrice discriminatoria nell’accaduto, collegandolo a più ampie problematiche di razzismo; il calciatore era in possesso di documenti validi per il viaggio e stava raggiungendo il Paese dove lavora regolarmente come atleta professionista; la questione solleva interrogativi sulla legittimità dell’intervento delle autorità italiane, nonché sulla tutela dei diritti fondamentali di Omeonga durante l’operazione. Tale episodio di brutalità e discriminazione rappresenta una violazione dei principi fondamentali di uguaglianza e rispetto della dignità umana sanciti dalla Costituzione italiana.


Riferimenti:

https://www.pellegrinieditore.it/israele-olocausto-finale

https://unipd-centrodirittiumani.it/en/news/from-occupation-economy-to-genocide-economy-the-new-report-by-the-special-rapporteur-francesca-albanese-denounces-corporate-and-academic-complicity-in-the-israeli-system-in-the-occupied-palestinian-territories

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