di Gianni Lannes
Tra il neofascista Roberto Fiore e il capo del movimento Pro-Vita, Toni Brandi, esiste da tempo una relazione finanziaria solida e prolungata basata su diverse compravendite immobiliari.
Nel 2012, mentre ProVita veniva costituita, Brandi avrebbe dato 160mila euro a Fiore per comprare quattro suoi immobili a Bari, Latina, Padova e Treviso. Acquisti effettuati «nell’ottica di un investimento immobiliare» di tipo personale, assicura Brandi, ribadendo l’inesistenza di «legame tra l’Associazione Pro-Vita & Famiglia e alcun partito politico, tantomeno con Forza Nuova».
Gli immobili comprati da Brandi con modalità particolari: pagando da un conto della banca svizzera Ubs, con anni di anticipo rispetto al rogito. Due stranezze che si aggiungono a un’altra: dopo l’acquisto, alcuni immobili sarebbero rimasti nelle disponibilità di Forza Nuova, che li ha usati come sedi del partito.
Il 12 ottobre 2009 i coniugi Fiore vendono ai Brandi un appartamento per 500mila euro, ma l’immobile resta, però, sede di Forza Nuova, residenza di Fiore e della sua unica società italiana, la Immobiliare Brighton.
Il 26 giugno 2018, Brandi avrebbe venduto l’appartamento di via Cadlolo a Roma a poco più della metà di quanto l’aveva pagato, appena 320mila euro, registrando una minusvalenza di 180mila euro.
Tra il 2009 e il 2012 Brandi avrebbe dato a Fiore circa 660mila euro. Oltre ad aver incassato tutti questi soldi, in parte provenienti dalla Svizzera, Fiore avrebbe continuato a usare gli immobili come sedi di Forza Nuova.
Fiore, protagonista dell’assalto fascista alla Cgil, ha trascorso all’estero buona parte della sua vita. Nel settembre del 1980, dopo un mese dalla strage alla stazione di Bologna, a 21 anni, scappa a Londra. Le sentenze finora hanno individuato come responsabili Valerio Fioravanti, Francesca Mambro, Luigi Ciavardini, Paolo Bellini e Gilberto Cavallini (condannati in via definitiva). Tutti estremisti dei Nuclei armati rivoluzionari (Nar), Avanguardia nazionale e Terza Posizione.
Fiore, inizialmente ricercato dalle autorità insieme ad altri esponenti di Terza posizione – sigla di estrema destra di cui era leader – è stato prosciolto per l’attentato di Bologna, mentre è stato condannato per banda armata e associazione sovversiva. Avrebbe dovuto scontare cinque anni e mezzo di reclusione in Italia. Non ne ha scontato nessuno: nel 1999 è tornato in Italia da uomo libero grazie alla prescrizione. Recentemente è stato arrestato, processato e condannato a oltre otto anni di carcere per l’assalto squadrista alla Cgil di Roma.
In Inghilterra Fiore si è costruito una fortuna nello stesso settore in cui opera Brandi: l’accoglienza turistica degli studenti. Nel corso dei processi, Fiore viene accusato da Mambro e Fioravanti di essersi sostenuto la latitanza grazie alla cassa di Terza posizione, che era formata dai proventi delle rapine dei nuclei operativi di Terza posizione. Mambro e Fioravanti sentono la necessità di indicare quella come la pista per l’individuazione della prima fortuna di Fiore perché all’interno di quei nuclei operativi realizzarono delle rapine anche elementi dei Nar.
ProVita e Forza Nuova sarebbero legati dal trust «Saint Michael The Archangel», da cui ProVita ha ricevuto diverse donazioni negli ultimi anni.
Dalla metà degli anni Novanta nelle casse di questo e di un altro trust sono transitate centinaia di migliaia di sterline. Soldi entrati come donazioni anonime e finiti spesso, sotto forma di finanziamenti caritatevoli, a società italiane possedute dalla famiglia del segretario di Forza Nuova o da suoi soci; inoltre, tra il 2013-14, il trust dedicato a San Michele Arcangelo ha donato 430 sterline a ProVita per pubblicare un magazine cattolico pro-vita. L’anno seguente, con la stessa motivazione, il trust ha regalato alla onlus 730 sterline. A colpire non è l’entità dei bonifici, minuscola, ma il fatto che a gestire il trust (come fiduciario) in quegli anni ci fosse Beniamino Iannace, candidato di Forza Nuova, socio in affari di Fiore e iniziale editore del mensile «Notizie ProVita».
Atti giudiziari mostrerebbero conversazioni in cui dirigenti di Forza Nuova descriverebbero Brandi come un finanziatore del partito.
ProVita gode di una notevole influenza nel Governo Meloni, condividendo molte delle posizioni sui diritti civili con partiti come Fratelli d’Italia, Lega e Forza Italia, tant’è che avrebbe contribuito a «licenziare» Francesco Spano dal Ministero della cultura; inoltre, Massimo Gandolfini, portavoce del Family Day, lavora per il Dipartimento per le Politiche Antidroga, guidato dal sottosegretario Alfredo Mantovano.
Alla luce dei fatti è indubbio un forte legame tra la onlus ProVita ed esponenti in carica del Governo, al fine di contrastare le politiche sui diritti civili e di genere.
Se e quali rapporti intercorrono tra alcuni esponenti del Governo Meloni e l’associazione Pro-Vita? E quali iniziative di competenza il Governo intenda adottare per assicurare che le politiche pubbliche in materia di diritti civili e di genere non siano influenzate da organizzazioni con legami con movimenti estremisti neofascisti, alla luce dei valori democratici e costituzionali?
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