
di Gianni Lannes
Dallo stato di salute degli oceani dipende la vita del Mediterraneo. In Italia, tuttavia, tutela e protezione marina affondano in alto mare. Come tutti gli Stati dell’Unione europea, anche il Belpaese aveva annunciato in pompa magna di ratificare l’Accordo Bbnj in tempo per la terza Conferenza Onu di Nizza (evento fallimentare in corso), anche per contribuire a raggiungere le 60 ratifiche necessarie per l’entrata in vigore del trattato. Promessa non mantenuta. Gli impegni presi sulla carta a tutela del più grande ecosistema della Terra sono stati disattesi. Le acque internazionali (60 per cento della superficie marina) sono le più indifese.
Alla prova dei fatti, al governo Meloni del mare interessa poco o niente. La realtà odierna lo dimostra: più trivelle, maggiore inquinamento industriale ma soprattutto militare, provocato dai giochi di guerra in tempo di pace; sovente a rimetterci silenziosamente la vita sono i pescatori, come nel caso del peschereccio Rita Evelin di San Benedetto del Tronto.
L’esecutivo meloniano, mentre ha gonfiato i costi militari, ogni anno destina una misera somma: appena 8 milioni di euro per le cosiddette “Aree Marine Protette”. Sempre l’Italia: non rispetta il Protocollo Offshore della Convenzione di Barcellona contro l’inquinamento da attività di estrazioni petrolifere in mare. Il percorso di raitifica pur avviato due decenni fa, è inoperativo, perché parcheggiato in letargo a Palazzo Chigi.
Medesima sorte al “Protocollo gestione integrata della fascia costiera”: il disegno di legge per la ratifica è fermo in Parlamento dal settembre 2024. E così per la Ballast Water Convention: una convenzione che mira a prevenire il trasporto di specie aliene nelle acque di zavorra delle navi, con buona pace anche del granchio blu addomesticato a tavola dal ministro Lollobrigida (cognato di Giorgia Meloni).
Che fare? Intanto informare l’opinione pubblica e poi, sul piano politico, ridurre sensibilmente le smisurate spese militari e procedere all’effettiva bonifica dei mari italiani dai residuati bellici, speciali e convenzionali (targate Washington e Berlino), che ancora avvelenano le acque marine del giardino d’Europa, con buona pace del negazionista ad oltranza del grave fenomeno (quando era a capo della Difesa sotto il governino Berlusconi) e collezionista di busti mussoliniani che siede (incredibilmente) sul cadreghino della seconda carica istituzionale dello Stato tricolore.
Riferimenti:
https://shop.nexusedizioni.it/blogs/casa-editrice/bombe-a-mare-immersione-in-un-inferno-nascosto
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