
di Gianni Lannes
In Italia, ormai, grazie anche all’ignoranza diffusa e all’indifferenza generale, gravitano sempre più servitù militari, che spesso causano strage di civili (ad esempio il Cermis, ma non solo), rubricate come incidenti naturali. Basta consultare l’introvabile mappa 1050, edita dall’Istituto Idrografico della Marina Militare a Genova, per rendersene conto. Non solo la terraferma, le isole, il mare ma anche lo spazio aereo è soggetto a restrizioni belliche.

Prendiamo a riferimento una storia ignota alla smemorata e disattenta opinione pubblica nostrana. Il 16 dicembre 1979, poco meno di sei mesi prima della strage di Ustica (Ponza), un velivolo militare dell’aviazione di marina statunitense, con a bordo un pilota e tre specialisti di guerra elettronica, precipita nel territorio del comune di Capaci, sfondando due villette in quel momento vuote. Così le autorità tricolore mandano in onda il classico balletto di reticenza e confusione; a corollario il segreto avvolge fulmineamente l’incidente. Gli unici fatti certi sono evidenti: le immagini dei tre piloti superstiti; le foto della carlinga dell’aereo col nome della portaerei Nimitz, la stella americana e il numero 134ª squadriglia VAQ della Us Navy.

L’ennesima esercitazione di guerra è tutta americana e non Nato. Non viene rivelato nulla al pm Guido Lo Forte sul profilo della missione. Nel giro di qualche ora si fionda in Procura un ufficiale della Sesta Flotta da Napoli con nove assistenti. E arrivano i marines a piantonare il relitto, già sorvegliato dai carabinieri. Da parte americana c’è una gran fretta di chiudere le indagini senza rivelare nulla. La Nimitz deve uscire dal Mediterraneo e raggiungere l’Oceano Indiano.
A tutt’oggi, le interrogazioni parlamentari indirizzate al governo italiano non hanno avuto risposta.
Nel 1997, da alcuni documenti rilasciati dall’Aeronautica Militare italiana, saltano fuori parte dei retroscena. Proprio quel giorno la portaerei a stelle e strisce in navigazione a sud di Trapani era impegnata in un’esercitazione notturna che comprendeva i cieli del Mediterraneo centrale, della Sicilia e del Tirreno meridionale.
Nell’ambito della suddetta , dal nome sconosciuto, un EA-6B Prowler, aereo imbarcato da guerra elettronica e attacco antiradar, doveva compiere una missione notturna di rifornimento in volo. Oltre all’analisi e al disturbo delle emissioni elettroniche, il pilota e i tre specialisti avevano a disposizione missili Arm antiradar e Sidewinder per l’autodifesa. Nella missione erano impegnati anche un aereo cisterna per il rifornimento in volo e un aereo radar imbarcato, un E-2A Hawkeye, che controllava l’area dall’alto.
Come sempre, la Sesta Flotta non aveva avvisato gli enti del traffico civile italiano, circa l’esercitazione che insersecava l’aerovia Ambra 13, la stessa su cui verrà colpito sei mesi più tardi il Dc9-Itavia. I tre velivoli della US Navy (il Prowler, l’aereo cisterna e l’aereo radar) avevano tuttavia gli identificatori radio militari accesi e vennero riconosciuti e monitorati dal radar dell’AMI di Marsala.
A nord di Palermo – a causa dle buio, di un temporale e del forte vento – il Prowler fallì più volte l’aggancio alla sonda dell’aereo cisterna. Col carburante agli sgoccioli e la portaerei lontana, l’ufficiale pilota Robert Dark tentò un ammaraggio di fortuna alle 21:15. “Per quindici minuti”, scriverà due giorni dopo Felice Cavallaro sul Corriere della Sera, “migliaia di palermitani, dalle terrazze e dai balconi, hanno visto con terrore due jet che ruotavano vicinissimi ai palazzi”. Verso le 21.30, i tre ufficiali si catapultarino col paracadute. Poi, il Prowler si schiantò contro le due villette di Capaci, senza incendiarsi. L’indomani mattina, il corpo del pilota, Robert Dark, fu trovato esanime su un costone del Monte Pellegrino.
Singolare coincidenza: nell’ordinanza di rinvio a giudizio dei generaloni dell’Aeronautica italiana, il giudice istruttore Rosario Priore scriverà che il codice di asllarme 7700, lanciato dai tre aerei statunitensi della Nimitz sopra Palermo nel dicembre 1979, è lo stesso isnerito dall caccia (biposto) TF-104 Starfighter italiano, su cui volavano i piloti Ivo Naturali e Mario Naldini (uccisi il 28 agosto 1988 a Ramstein, previo sabotaggio dei loro Aermacchi delle Frecce Tricolori), appena dopo aver incrociato, il 27 giugno 1980, la rotta del volo IH 870 sulla dorsale appenninica. L’aerovia Ambra 13 e il codice 7700 sono le connessioni. Coincidenze? Come il Prowler schiantatosi su Capaci si portava dietro l’operazione “Eagle Claw” (Artigli d’Aquila), così il Dc9 Itavia precipita nelle ore in cui è in corso il trasferimento di un gruppo di caccia Phantom americani (operazione “Proud Phantom”), all’aeroporto di Cairo Ovest.
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