
A proposito dell’Italia: un popolo privo di memoria è una mera moltitudine di gente senza più futuro.
L’AMMARAGGIO DEL DC9 ITAVIA!
di Gianni Lannes
Quella sera del 27 giugno 1980 nel mezzo del Tirreno c’erano velivoli militari statunitensi, italiani, francesi ed israeliani. L’allora premier Menachem Begin (già terrorista dell’Irgun) ordinò l’operazione bellica per impedire l’arrivo in Iraq di una carico di uranio arricchito. Saddam Hussein agli occhi sionisti rappresentava una minaccia – per l’esistenza di Israele – se fosse riuscito a dotarsi dell’arma atomica. Il vero obiettivo era un aereo francese che però passò indenne – sull’aerovia Ambra 13 – a causa del clamoroso errore di identificazione. Il volo italiano IH 870 da Bologna a Palermo fu usato dalle autorità italiane come specchietto per le allodole. E l’inganno funzionò alla perfezione. Passeggeri e membri dell’equipaggio non dovevano salvarsi. E così fu.
Dei libici nemmeno l’ombra anche se in seguito Gheddafi ricattò i governi tricolore per molto anni: una sgangherata invenzione che tiene ancora banco sulle paginette dell’Espresso e del Pacco quotidiano di Travaglio. Singolare coincidenza: a rimescolare le carte truccate dalla sera alla mattina spuntano al posto dei funghi improvvisati esperti della tragedia ancora senza giustizia dopo quasi mezzo secolo. A Castelsilano cadde un caccia di Tel Aviv (con serbatoi supplementari), piantonato da un distaccamento di Cosenza dell’esercito tricolore e poi fatto sparire dai carabinieri locali (nucleo elicotteristi di Vibo) con l’ausilio del Sios Aeronautica. Rimpiazzato il 18 luglio 1980 da un Mig fatto decollare da Pratica di Mare e fatto posizionare in loco.
Il Dc9 Itavia ha compiuto una manovra d’ammaraggio invertendo la rotta ma non al largo di Ustica, bensì più a nord. Lo attestano inequivocabilmente i tracciati radar. Secondo le perizie nessuna evidenza indica che l’aereo si sia distrutto immediatamente dopo “l’incidente”, a 7200 metri di quota. Anzi, molteplici riscontri probatori ci indicano esattamente il contrario: il velivolo ha continuato a volare per parecchi minuti dopo l’ultima risposta del trasponder.
L’evidenza più schiacciante è il giovane carabiniere Giuseppe Cammarata (19 anni) che da Bolzano andava in licenza in Sicilia. Il corpo di Cammarata fu ritrovato, stranamente in ottime condizioni, non come di un corpo immerso nell’acqua salata per 12 ore, e con la pistola d’ordinanza addosso, ma particolare più significativo, Cammarata aveva un piede amputato e una manica della camicia strappata ed usata come laccio emostatico sulla gamba ferita. Alla luce dei reperti e dei fatti è impossibile ipotizzare una distruzione immediata in volo dell’aereo. Del corpo di Cammarata ci sono delle foto negli sterminati faldoni dell’indagine giudiziaria, immagini che vengono citate nei documenti processuali. Non doveva sopravvivere nessuno, poiché sarebbero stati testimoni di un crimine che ancora oggi, dopo ben 45 anni è indicibile. I soccorsi sono stati dirottati altrove con ingiustificabile ritardo.
Seconda evidenza macroscopica, le parti dell’aereo sono state ritrovate in un’aerea relativamente ridotta, se confrontate con l’incidente di Lockerbie, avvenuto in condizioni sovrapponibili, incidente in cui il Boeing 747 si è sicuramente distrutto in alta quota. Nel caso del DC9 Itavia c’e’ inoltre la dispersione dei rottami avvenuta per il differente galleggiamento dei diversi frammenti, la notevole profondità del ritrovamento (circa 3700 metri che andrebbero aggiunti ai 7200 metri di quota) e alla presenza di correnti marine che hanno sicuramente disperso ulteriormente i rottami, nonostante tutto questo l’aerea di ritrovamento è da considerarsi relativamente piccola rispetto ad incidenti similari ma in cui l’aereo si è distrutto in alta quota.
Terza evidenza. È sufficiente guardare la foto del DC9 o recarsi a Bologna al “museo della memoria” per riconoscere i segni dell’impatto dell’aereo nel mare. La cabina passeggeri è schiacciata a fisarmonica, cosi come è completamente schiacciata la cabina dei piloti. L’aereo ha impattato sulla superficie del mare praticamente intatto; l’ala destra ha colpito per prima il mare distruggendosi, a differenza dell’ala sinistra che invece è quasi intatta e che si è staccata nel punto di attacco con la fusoliera (radice) per una rotazione in avanti (perizia Casarosa); ovvero l’ala sinistra si è staccata dalla fusoliera solo al momento dell’impatto della fusoliera con l’acqua. A rigor di logica e di fisica: quando ha toccato l’acqua l’aereo era quasi integro, la fusoliera e le due ali erano un pezzo unico. Non possiamo dire niente per la coda e i motori, che pero sono stati ritrovati ad una distanza relativamente ridotta dagli altri rottami. La parte terminale dell’ala sinistra, invece, è stato ritrovato molto lontano dal resto dei rottami, ma su questo particolare ci si può scrivere un altro libro.
Quarta evidenza: le schegge. I cuscini dei seggiolini dei passeggeri sono stati ritrovati imbottiti di schegge. Una quantità di schegge anormale, schegge con traiettorie molto diverse fra di loro, di materiale facilmente combustibile (carta, plastica, legno) ma con nessuna traccia di combustione, schegge dotate di notevole velocità (pezzi di leggero cartoncino sono penetrate nella gommapiuma) ma non cosi elevata da far pensare ad un’esplosione (esplosione esclusa anche dalle traiettorie e dalla mancanza di tracce di combustione). Qualsiasi sia la spiegazione per l’anomala quantità di schegge, se l’aereo si fosse disintegrato in volo immediatamente dopo l’incidente non ci sarebbe traccia di schegge conficcate nei seggiolini.
Quinta evidenza: particolari di plastica ritrovati nei motori. Una manopola della radio installata nella cabina piloti è stata ritrovata intatta (non fusa) in uno dei motori. Sono state fatte una miriadi di ipotesi ma una cosa può essere detta con certezza se l’aereo si fosse disintegrato in volo e per una miracolosa concomitanza di fortuite coincidenze la manopola fosse penetrata nel motore ancora caldo, praticamente ancora in funzione, della manopola non ne sarebbe rimasta traccia.
L’ala sinistra si è staccata dalla fusoliera ruotando in avanti. Questo avviene quando la fusoliera subisce una fortissima e decelerazione e l’ala viene spinta in avanti dalla forza d’inerzia che quindi ruota in avanti facendo perno sulla radice (punto d’attacco dell’ala alla fusoliera) (perizia Casarosa). Non è possibile che questo avvenga in volo. L’unica spiegazione è che il distacco sia avvenuto quando l’aereo ha impattato con la superficie del mare. Ricapitolando. L’ipotesi della destrutturazione in volo dell’aereo è incompatibile con la presenza di una manopola di plastica (ed altri particolari) dentro il motore. La parte terminale dell’ala sinistra si è staccata dal resto dell’ala per una forza diretta dall’alto verso il basso, cioè in senso opposto alle forze normalmente agenti su un’ala (sempre Casarosa). Questa parte si è sicuramente distaccata in volo in quanto è stata trovata molto lontana dal resto del relitto e praticamente isolata. Casarosa ha proposto una possibile ipotesi per questa rottura (“quasi collisione”) che non convince nessuno (evento mai successo nella storia dell’aeronautica). A parte l’ipotesi della “quasi collisione” le conclusioni della perizia di Casarosa sono incontrovertibili anche perche le deformazioni delle lamiere sono ancora li, ben visibili e chiaramente interpretabili. Inoltre, la causa del distacco in volo della parte terminale dell’ala sinistra non è stata ancora spiegata dalle perizie. Il resto dell’ala sinistra si è staccata dalla fusoliera per rotazione in avanti e questo può essere successo solo al momento dell’impatto dell’aereo in mare (forte decelerazione della fusoliera). Quindi quando il DC9 ha impattato con il mare aveva l’ala sinistra (senza parte terminale) ancora solidale con la fusoliera, completa, ma probabilmente già senza la coda. A giudicare dai danni e dalla distribuzione dei rottami anche l’ala destra era solidale con la fusoliera ed è stata la parte dell’aereo che ha toccato per prima la superficie del mare, “schiaffeggiando” l’acqua con la “pelle” superiore dell’ala stessa, in quanto, quando l’aereo quando cadeva quasi verticalmente, ruotava anche in senso antiorario (a causa della mancanza della parte terminale dell’ala sinistra, che comporta una rotazione dell’aereo in senso antiorario). La maggior parte dell’energia che l’aereo aveva durante l’impatto è stata assorbita dall’ala destra e dalla fusoliera (maggiormente la parte destra) e ciò si vede ad occhio nudo, questo è il motivo per cui l’ala sinistra è praticamente intatta (a parte la parte terminale che si è staccata molto prima, in volo).
La già citata perizia Casarosa ribalta completamente la sequenza coda-ala sinistra. La perizia Casarosa, a parte l’infelice teoria della quasi collisione, è sicuramente, piu realistica e conforme alle evidenze. Difatti se la coda si fosse staccata prima o in coincidenza con la rottura della parte terminale dell’ala i rottami di queste due parti si sarebbero dovute trovare ad una distanza dal resto dei rottami comparabile fra loro, ma, anche tenendo conto del diverso peso, è difficile capire perchè il terminale dell’ala è stato trovato a circa 10 chilometri dai rottami principali, mentre la coda è stata trovata relativamente vicino agli stessi. La sequenza definita da Casarosa non soffre di questa critica. Secondo il noto e qualificato esperto il primo evento è stato la rottura del terminale dell’ala sinistra, e quindi come conseguenza di questa rottura l’aereo ha perso la coda ed è precipitato. Osservando il timone di coda si può notare facilmente che il bordo di attacco è vistosamente piegato verso destra (Casarosa lo nota ma non ne deduce niente) tanto che le lamiere risultano “schiodate” dal lato sinistro. Questo tipo di danno è compatibile con un impatto del timone con la superficie del mare mentre ruota in senso antiorario, ovvero nel stesso senso di rotazione posseduto dalla parte principale dell’aereo. Il fatto che entrambi questi pezzi dell’aereo, il corpo principale completo di ali, e la parte di coda con timone, motori e piani orizzontali, nel precipitare ruotino entrambi con lo stesso identico verso non può essere casuale e si spiega in un solo modo: l’aereo, completo di coda, perdendo la parte terminale dell’ala sinistra comincia a planare e solo in un secondo tempo, a causa delle sollecitazioni provocate dalla caduta e dalla rotazione, si stacca la coda che quindi, quando impatta con la superficie del mare, possiede questo movimento rotatorio che provoca il danno molto specifico al bordo di attacco del timone. Il ritardo con cui la coda si sarebbe staccata dal resto del corpo , e quindi la quota ridotta, spiegherebbe sia il danno particolare al bordo d’attacco che la ridotta distanza in cui sono stati trovati i rottami di questi due diversi tronconi. Il terminale dell’ala sinistra, invece, essendosi staccata ad una quota più elevata, giustamente, è stato trovato molto lontano ed isolato.
Una parola sulle traiettorie dei rottami che coinciderebbero con quelle teoricamente calcolate. In realtà il procedimento usato è stato opposto al normale. Dalla posizione dei rottami, procedendo a ritroso, si è calcolato il punto in cui l’aereo avrebbe avuto l’incidente. Questo punto non coincideva con il punto definito fino a quel momento dai radar e quindi si è provveduto “opportunamente” a spostare il punto dell’incidente per farlo coincidere con quello ricavato dai calcoli. Per fare questo si è dovuto ipotizzare un errore di allineamento dei radar posti a Fiumicino.
Quel piccolo particolare dell’ala sinistra spiega alcuni elementi della dispersione dei relitti. Il fatto che il velivolo senza la parte della coda sia entrato in acqua quasi per intero fa escludere le ricostruzioni del missile lanciato per errore, avendo escluso da qualche tempo la tesi della presenza del Mig libico che per caratteristiche tecniche non poteva essere li (oltreché per capacità addestrative dei piloti). Inoltre hnon ci mai state onde d’urto nelle cause di incidenti aerei ed in volo le scie si prendono in continuazione e non succede nulla (chi sostiene il causa di un volo supersonico non ha conoscenza degli effetti e delle relative indagini che la magistratura intraprende per gli involontarie brevi ingressi in regime transonico o supersonico). L’unica turbolenza pericolosa per il volo è il wind shear di velivoli più grandi nelle fasi di atterraggio e decollo nei momenti in cui quota e velocità sono elementi molto critici.
In ogni caso il DC9 non può essersi destrutturato in volo a causa dell’evento registrato dai radar (civili e militari non manomessi scampati alla distruzione), ma piuttosto l’aereo, dopo il primo evento, ha continuato a volare per quasi 5 minuti, e solo dopo è precipitato. Cosa sia accaduto in questi minuti di volo, tra il primo evento e la rottura dell’ala, è ancora tutto da scrivere.
Il luogo è stato il primo depistaggio del governo Cossiga che ha sacrificato 81 persone per salvaguardare un gigantesco affare nucleare con l’Iraq, in cambio dell’equivalente in petroldollari.
https://sulatesta.blog/2025/03/20/il-vaso-di-pandora/
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